I luoghi e le tradizioni
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ottobre
PULPITO
detto anche pergamo
Il latino “pulpitum” designava il luogo elevato (tribuna. palco, podio) sul quale prendeva posto l’oratore o il giudice, ed era anche sinonimo di palcoscenico.
Il termine fu ripreso dal Cristianesimo primitivo, tuttavia il termine
venne anche usato come sinonimo di ambone. L’ambone, però,
è la tribuna rialzata che nelle basiliche paleocristiane e medioevali
era confinata nel presbiterio, riservata alla lettura dei passi dell’epistola
e del vangelo ad opera dei cantori che nelle antifone alternavano il
proprio canto a quello dei fedeli. Per lo più costituito da un
palco rettangolare, con scala di accesso, l’ambone fu spesso collegato
con il recinto della Schola cantorum. Dall’ambone derivarono il
tipo del pulpito e della cantoria, che furono propri dell’arte
gotica e del primo rinascimento.
L’uso del pulpito si diffuse ad iniziare dall’XI secolo;
una specie di tribuna situata nella navata maggiore di una chiesa, a
forma di un balcone addossato a una parete, a una colonna, ad un pilastro,
anche isolato e/o sostenuto da elementi architettonici.
Presso le chiese francescane l’esigenza di una predicazione più
ricca di argomenti e più direttamente rivolta ad influenzare
i fedeli, fece ricorrere ad un pulpito che inizialmente fu una semplice
pedana mobile, ed in seguito divenne struttura architettonica fissa,
elevata dal piano della navata, sempre decontestualizzata dall’area
presbiteriale per agevolare l’accesso dei predicatori itineranti,
mentre il sacerdote officiante restava presso l’altare.
Il nostro pulpito è una struttura lignea fissa, posta sullo sperone
murario tra l’altare della Beata Vergine di Lourdes e l’altare
di San Gaetano, le cui linee risentono della commistione tra il carattere
barocco e quello classicheggiante.
Michele D’Aquila, Andrea Lorenzi
MEDAGLIONI CON ALTORILIEVI IN STUCCO INSERITI NEI PENNACCHI
DI RACCORDO ALLA CALOTTA SFERICA CENTRALE.
Autore: Giovanni Martinetti, 1920.
Dallo studio sulle opere, nonché dalla ricerca iconografica
e bibliografica, parrebbero qui rappresentati quattro dottori della
chiesa, solitamente riconoscibili dal libro che tengono in mano.
Le immagini (una delle quali custodita presso la sagrestia della chiesa
stessa) potrebbero raffigurare Sant' Agostino, vescovo e dottore della
chiesa, Sant' Ambrogio, vescovo e dottore della chiesa, San Gerolamo,
sacerdote e dottore della chiesa, San Tommaso D’Aquino, sacerdote
e dottore della chiesa.
Generalmente l’attributo di “grande dottore della chiesa”
viene dato a Sant' Agostino, a Sant' Ambrogio, al San Gerolamo e a San
Gregorio Magno. Allora, se i personaggi qui effigiati sono veramente
quelli citati, ci fu una sostituzione tra papa Gregorio Magno e Tommaso
D’Aquino. Non v’è però certezza alcuna sui
motivi che poterono indurre l’artista e/o il parroco ad effettuare
la surroga (sempre che ci sia stata), si può soltanto, molto
candidamente, pensare ad una questione di simmetria estetico-compositiva
(due vescovi e due sacerdoti), oppure ad una speciale venerazione verso
San Tommaso.
Qualsiasi congettura potrebbe risultare “sconsiderata”,
ma è estremamente necessario mettersi in discussione, rischiare,
per soddisfare folle amore: la ricerca della verità. Alfine,
però, l’unica “saggia” interpretazione dovrebbe
essere supportata dai documenti scritti, che forse furono redatti dal
Martinetti o dal parroco Don Teodosio Roveglia.
testi consultati:
G. Cappa Bava, S. Jacomuzzi, Del come riconoscere i santi, Sei, Torino
1989.
M. Lurker, Dizionario delle immagini e dei simboli biblici, San Paolo,
Milano 1990.
AA.VV. Enciclopedia dei simboli, Garzanti 1991.
A.D.